La nuova era dei cambi di timone nella moda italiana

Otto mesi. Tanto è durato il capitolo di Dario Vitale alla guida creativa di Versace, una delle maison più iconiche del fashion system. Lo stilista campano, nominato lo scorso marzo con decorrenza dal primo aprile, lascia già l’incarico, come riportato da WWD e confermato dalla stessa casa di moda—proprio mentre Versace entra ufficialmente sotto l’ombrello del Prada Group.

Un passaggio di consegne sorprendente, che segna uno dei momenti più delicati e simbolici del nuovo scenario del lusso italiano.

Un designer fuori dalla dinastia: il caso Vitale

Vitale è stato il primo creativo esterno alla famiglia Versace dai tempi di Gianni e Donatella. Una nomina circondata da rumors fin dall’inizio, proprio come l’eventuale acquisizione del brand—diventata realtà ad aprile con un’operazione da quasi 1,3 miliardi di euro.

Nel frattempo, Versace annuncia che un nuovo direttore creativo verrà reso noto “a tempo debito”. Fino ad allora, le redini passeranno al CEO Emmanuel Gintzburger, figura chiave nel garantire continuità mentre il brand si riallinea all’universo Prada.

Lorenzo Bertelli: visione, sinergie, futuro

Con l’ingresso di Versace nel gruppo, Lorenzo Bertelli, ora presidente esecutivo della maison, ha tracciato la roadmap del futuro: sinergie produttive in uno-due anni e la priorità assoluta di crescere già a livello di top line.

Il messaggio è chiaro: Versace entra in un sistema multibrand robusto, che sa come trasformare un’estetica in cultura, e una cultura in business.

Il breve regno di Vitale: Venezia, Milano, review da applausi

Il debutto creativo di Vitale aveva fatto sognare. Il suo nuovo corso stilistico era stato lanciato nientemeno che al Lido di Venezia, con Julia Roberts come “madrina” d’eccezione. Subito dopo, anche Amanda Seyfried aveva scelto i suoi look.

La collezione presentata a settembre durante la Milano Fashion Week, nella meravigliosa Biblioteca Ambrosiana, aveva conquistato la critica:

Un Versace meno patinato, più allusivo, “filtrato attraverso lo sguardo di Vitale”, come scriveva il New York Times.

Addio (per ora) alle spille da balia e alle maglie metalliche; benvenuti color blocking saturo, righe a contrasto, volumi oversize. La sensualità come sussurro, non più come grido.

Anche il re-see parigino aveva confermato la direzione: idee fresche, moderne, un passo netto verso una nuova identità.

Il nodo dei prezzi: Moda Operandi e il grande dibattito

A ottobre, Moda Operandi aveva acceso la miccia: i prezzi del trunkshow dedicato a Vitale erano altissimi, in alcuni casi doppi rispetto all’offerta di Versace.com.

Camicie in seta da 1.790 dollari, décolleté da 4.450, bermuda in denim da 13.500, guanti in duchesse da 9.500…

Una strategia chiara: posizionare Versace nello stesso campionato di Bottega Veneta, Dior, Loewe, Celine.

Un rischio calcolato? Una direzione troppo radicale? Una visione non perfettamente allineata al nuovo assetto societario?

La domanda resta aperta.

Versace non è sola: la diaspora dei direttori creativi

L’uscita di Vitale si inserisce in un quadro più ampio: una stagione di cambi creativi senza precedenti.

Negli ultimi mesi hanno “cambiato pelle” Balmain, Fendi (menswear), Hermès, mentre tra Milano e Parigi abbiamo assistito ai debutti di Chanel, Balenciaga, Jil Sander, Jean Paul Gaultier, Bottega Veneta, Gucci, Loewe, Mugler, Carven.

Un fashion system in continuo movimento, dove ogni nuova nomina è una dichiarazione politica oltre che estetica.

Versace e il prossimo capitolo: chi guiderà la Medusa?

La domanda ora è una sola: chi sarà il nuovo interprete della Medusa?

Il terreno è fertile, l’attenzione alle stelle, la pressione altissima.

Versace è nel pieno di un reset strategico e culturale. Prada Group ha dimostrato più volte di saper scegliere talenti fuori dagli schemi, capaci di reinventare senza tradire.

Nel frattempo, il mondo della moda aspetta. E osserva.

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