
A Milano, nelle sale solenni di Palazzo Reale, si compie un evento che ha il sapore della rivelazione: la prima retrospettiva italiana dedicata a Leonora Carrington, artista, scrittrice e visionaria del Novecento. Dal 20 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, la città si apre a un immaginario unico, colmo di simboli, figure ibride, richiami mitici e femminili potenti. È una mostra che non celebra semplicemente un’artista, ma un’intera costellazione di temi che oggi risuonano con forza: il femminismo, l’ecologia, l’identità, l’esilio, la magia come linguaggio di resistenza. Non si tratta dunque di un’esposizione retrospettiva fine a se stessa, ma di un viaggio in cui il passato incontra le urgenze del presente, offrendo al pubblico un’occasione per riflettere, oltre che per contemplare.

La curatela di Tere Arcq e Carlos Martín ha scelto di restituire Carrington non soltanto come pittrice surrealista, ma come figura poliedrica che ha attraversato confini geografici, culturali e disciplinari. Oltre sessanta opere, tra dipinti, disegni, fotografie, manoscritti e materiali d’archivio, raccontano la sua parabola creativa, intrecciando la pittura con la scrittura e la vita con l’arte. La mostra si articola in sezioni tematiche che rendono evidente la complessità del suo pensiero: il legame con l’Italia, in particolare con Firenze e con la tradizione rinascimentale; il suo vissuto di esule e migrante; il dialogo costante con l’alchimia, l’astrologia, i rituali domestici trasformati in pratiche esoteriche; la centralità della natura come forza viva, non come semplice sfondo.

Ciò che colpisce, camminando tra le sale, è la capacità di Carrington di trasfigurare ogni esperienza personale in linguaggio universale. La cucina diventa laboratorio alchemico, lo spazio domestico si carica di potenza rituale, il femminile non è mai sottomesso ma sempre agente, consapevole, a tratti sovversivo. L’artista mette in scena mondi paralleli popolati da cavalli, sfingi, donne-chimere, figure mitiche che incarnano tanto la fragilità quanto la potenza. Sono immagini che sfidano lo sguardo, che destabilizzano chi guarda, imponendo di abbandonare i confini rassicuranti del reale per entrare in una dimensione liminale, visionaria, carica di mistero.

La retrospettiva assume un significato particolare oggi, in un’epoca in cui la società è chiamata a ripensare il rapporto con la natura, con i corpi, con i confini culturali e politici. Carrington non offre risposte semplici, ma pone domande radicali. È stata una donna che ha conosciuto l’esilio, l’instabilità, la malattia psichica, ma che ha saputo trasformare queste esperienze in forza creativa. La sua opera, intrisa di esoterismo e immaginazione, non è mai fuga, bensì forma di resistenza: il sogno come atto politico, la metamorfosi come atto liberatorio. Guardare oggi le sue tele significa riflettere su come l’arte possa generare nuove narrazioni, spostare i confini del pensabile, rivelare ciò che resta invisibile nel quotidiano.

Non mancano, naturalmente, sfide interpretative. Il linguaggio simbolico di Carrington, intricato e colto, può apparire ostico a chi si avvicina per la prima volta al suo universo. Tuttavia, è proprio in questa complessità che risiede la sua forza: l’arte non si lascia ridurre, non offre un senso univoco, ma apre strade molteplici, invita a perdersi e a ritrovarsi. Palazzo Reale ha saputo valorizzare questa dimensione con un allestimento che alterna opere iconiche e materiali d’archivio, creando un dialogo serrato tra la dimensione privata e quella pubblica, tra la vita e la leggenda.

In definitiva, questa retrospettiva non è soltanto un omaggio tardivo ma dovuto a un’artista fondamentale del XX secolo: è un gesto politico, un atto culturale che inserisce Carrington nel canone dell’arte internazionale riconosciuta, dopo decenni in cui la sua figura è stata spesso marginalizzata. È un invito a rileggere la storia non solo attraverso i protagonisti maschili, ma attraverso le voci femminili che hanno saputo anticipare discorsi che oggi sono più che mai centrali. Visitare la mostra significa confrontarsi con un universo che parla di magia e di sogno, ma che ci restituisce, paradossalmente, una delle immagini più lucide e necessarie della realtà.

Perché, come dimostra Leonora Carrington a Milano, il surrealismo non è mai stato una fuga: è stato, e continua a essere, uno strumento potentissimo per guardare il mondo con occhi nuovi.




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