
Alla Mostra del Cinema di Venezia 2025 brillano Emma Stone, Julia Roberts, George Clooney e Al Pacino. Da Sorrentino a Lanthimos, da Coppola a Del Toro: una line-up che riaccende il glamour d’autore e riafferma il Lido come palcoscenico centrale del cinema mondiale.
La 82ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si annuncia come uno degli appuntamenti cinematografici più rilevanti degli ultimi decenni. Il festival, che da anni contende a Cannes la leadership nel panorama europeo e internazionale, sembra aver consolidato la propria centralità con una selezione che mette insieme i nomi più significativi del cinema contemporaneo. Dopo gli anni difficili segnati dalla pandemia e dai successivi scioperi del settore cinematografico americano, Venezia riafferma il suo ruolo di piattaforma globale, attirando non solo i grandi autori, ma anche le star hollywoodiane e le case di produzione più influenti. L’edizione 2025 testimonia una ritrovata fiducia nel potere dell’arte cinematografica come veicolo di cultura, dialogo e visione.

Tra i titoli più attesi figura La Grazia di Paolo Sorrentino, che torna al Lido dopo il successo internazionale de La Grande Bellezza e È stata la mano di Dio. Con Toni Servillo ancora protagonista, affiancato da Anna Ferzetti, il film promette di approfondire i temi dell’identità, della spiritualità e della decadenza, tanto cari all’autore napoletano. La presenza di Sorrentino in concorso è una garanzia di grande cinema d’autore, ma anche di attenzione mediatica internazionale, poiché il suo stile visivo barocco e la sua scrittura poetica continuano a catturare l’immaginario di pubblico e critica.

Yorgos Lanthimos, dopo il trionfo globale di Povere Creature!, presenta a Venezia Bugonia, con Emma Stone ancora protagonista. La collaborazione tra il regista greco e l’attrice americana si conferma una delle più fruttuose degli ultimi anni, capace di esplorare con originalità i confini del grottesco e dell’umano. Bugonia promette di essere un film sorprendente, in bilico tra allegoria e surrealismo, con la firma inconfondibile di Lanthimos, che ha reso il cinema europeo nuovamente audace e imprevedibile nel panorama mondiale.

Non meno interessante è la presenza di Jay Kelly, il nuovo film di Noah Baumbach con George Clooney. Baumbach, autore raffinato e cronista della borghesia intellettuale americana, sembra qui orientarsi verso territori più adulti e drammatici. Clooney, tornato a interpretazioni più intense, potrebbe offrire una performance significativa, e la partecipazione al festival suggerisce un film di peso, capace di coniugare introspezione e cinema d’impegno. Venezia diventa così anche la vetrina per una nuova fase del cinema statunitense, meno spettacolare ma più profonda e consapevole.

A rappresentare il lato sensuale e malinconico del cinema italiano nel mondo, c’è After the Hunt di Luca Guadagnino con Julia Roberts. Guadagnino continua la sua esplorazione delle relazioni umane attraverso il filtro dell’estetica, e la presenza di un’icona hollywoodiana come Roberts sottolinea l’attrattiva internazionale del suo cinema. Il film potrebbe rappresentare una delle grandi sorprese del concorso, confermando la capacità di Venezia di far dialogare stili e sensibilità diverse sotto il segno della qualità.

Il film Frankenstein di Guillermo del Toro, con Jacob Elordi nel ruolo principale, è uno degli eventi più attesi non solo per la fama del regista, ma anche per la promessa di una nuova interpretazione visiva e narrativa di un classico senza tempo. Del Toro è noto per la sua capacità di unire il fantastico con il tragico, la creatura con il suo creatore, e in un periodo di rinascita del genere gotico, questo adattamento potrebbe portare nuova linfa al cinema di genere con ambizioni artistiche elevate. Elordi, in piena ascesa, trova qui un ruolo che potrebbe consacrarlo definitivamente a livello globale.

Olivier Assayas presenta invece Le Mage du Kremlin, tratto dal romanzo di Giuliano da Empoli, con Paul Dano e Jude Law. Il film si annuncia come una lucida riflessione sul potere, la manipolazione e la comunicazione politica nel cuore dell’Europa orientale. Assayas, autore cerebrale e visivamente raffinato, sembra tornare al cinema politico con un’opera che potrebbe toccare corde molto attuali, in un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche e derive autoritarie.

Jim Jarmusch, sempre fedele al suo sguardo ironico e contemplativo, torna a Venezia con Father Mother Sister Brother, un titolo che lascia intuire una struttura episodica o un’indagine sulle dinamiche familiari. Con un cast che include Tom Waits, Adam Driver e Cate Blanchett, il film promette di essere uno dei più originali del concorso. La presenza di Jarmusch consolida il ruolo del festival come casa per il cinema indipendente d’autore, aperto tanto alle sperimentazioni formali quanto alle riflessioni più intimistiche.

Non passa inosservato nemmeno The Smashing Machine di Benny Safdie, con Dwayne Johnson e Emily Blunt. Il film sembra mescolare biopic sportivo e analisi psicologica, raccontando la storia vera del lottatore Mark Kerr. Johnson, noto per i suoi ruoli d’azione, qui affronta un ruolo drammatico e complesso, in una scelta che potrebbe segnare una svolta nella sua carriera. Il cinema dei fratelli Safdie ha sempre esplorato i margini e le nevrosi della società americana, e questo progetto conferma la loro ambizione di superare i confini del cinema indipendente per affacciarsi sul grande pubblico con contenuti forti.

La presenza del film In the Hand of Dante di Julian Schnabel, presentato fuori concorso ma con un cast che include Oscar Isaac, Al Pacino, Gal Gadot e persino Martin Scorsese, testimonia la volontà di Venezia di celebrare il cinema come arte totale. Il premio Glory to the Filmmaker assegnato a Schnabel sottolinea la sua rilevanza come artista e regista, capace di portare una visione unica e audace. Il film, ispirato al romanzo omonimo di Nick Tosches, è una riflessione meta-letteraria, un viaggio temporale tra il presente e l’epoca di Dante, con implicazioni spirituali e intellettuali.

Infine, tra i film italiani in concorso spicca Elisa di Leonardo Di Costanzo, con Valeria Golino, mentre il film di chiusura Chien 51 di Cédric Jimenez, con Louis Garrel e Valeria Bruni Tedeschi, conferma la presenza del cinema francese come pilastro della rassegna. Questi titoli rafforzano il legame di Venezia con il cinema europeo, proponendo storie che parlano al cuore dell’attualità e della memoria collettiva. Con questa edizione, la Mostra del Cinema non solo consolida il suo prestigio, ma si afferma come spazio di confronto tra culture, generi e visioni del mondo, in un momento in cui il cinema sembra tornare ad avere qualcosa di importante da dire.





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